La riflessione alla base di PER GIOCO... è che attualmente i programmi d’intervento precoci in campo socio-educativo tendono ad essere sempre più strategici sia per la crescita armonica dei giovani che per il miglioramento del clima organizzativo delle istituzioni educative e delle persone deputate a funzioni legate alla formazione dei minori medesimi.

Spesso, infatti, l’approccio tradizionale, che considera il processo di socializzazione e formazione come un percorso di apprendimento basato sulla trasmissione di valori, regole e cultura e cioè come qualcosa di frontale, compiuto e definitivo, oggi sempre più spesso sembra debole e inadeguato ad andare incontro alle esigenze della nuova generazione. Le modalità di apprendimento e di educazione “tradizionali”, infatti, si connotano attraverso forme espressive non idonee per la relazione educativa poiché non tengono conto delle specifiche modalità culturali attraverso cui si formano e si esprimono i minori.

Emerge la difficoltà da parte degli operatori di elaborare linguaggi trans-culturali e multimodali che possano rispondere ai cambiamenti sociali e comunicativi e favorire un corretto processo di integrazione culturale e inclusione sociale.

Questo può far emergere forme di incomunicabilità che si traducono in un non riconoscimento da parte dei giovani nei confronti degli adulti . D’altro canto gli adulti educatori spesso etichettano i bambini stessi secondo vecchie concezioni, non riuscendo a riconoscere le loro forme espressive.

A partire da tali presupposti diviene sempre più importante proporre interventi di formazione rivolti ai minori che adoperino nuove modalità di relazione educativa e che tengano conto degli specifici sistemi di comunicazione in cui si formano ed attraverso cui si esprimono.

Tali interventi si configurano nell’ambito della prevenzione primaria ai comportamenti devianti e si attuano prima che questi ultimi si manifestino con sindromi già strutturate e più complesse da gestire.

PER GIOCO....si propone come un nuovo orientamento strategico capace di contribuire all'innovazione delle metodologie socio-educative tradizionali.

Da Bettelheim a Munari, da Rodari a Barba, sono stati numerosi gli intellettuali che hanno evidenziato l’importanza del gioco e della fantasia per la crescita personale e collettiva, anche all’interno dei processi di socializzazione formali.

Il gioco, infatti, quando non è inteso come pausa o svago, ma come orientamento e metodologia di contatto, relazione e produzione culturale, può contribuire a costruire un ambiente educativo non trasmissivo, capace di facilitare il coinvolgimento dei partecipanti e di favorirne i processi di socializzazione, attraverso l’acquisizione di competenze e abilità funzionali alle esigenze contemporanee. Il gioco può, infatti, produrre una cultura viva, in grado di affascinare, stimolare e coinvolgere le persone, arricchendo e rivitalizzando la proposta delle agenzie di socializzazione tradizionali al fine di farle divenire il punto di forza di un sistema sociale in trasformazione, i cui standard si modellano sempre più su processi di una natura cooperativa, immersiva e a-simmetrica, basati sull’ imparare facendo.

In questo senso PER GIOCO...si propone di creare contesti sociologicamente orientati per far sì che venga garantita continuità fra i percorsi di socializzazione formali dei più giovani e quelli informali a partire dalla costruzione di una relazione virtuosa tra famiglia, scuola e soggetti di aggregazione e promozione socio-culturale del territorio.

Si parte dal presupposto che i bambini anche attraverso i giochi imparino, anzi la dimensione affettiva del bambino nei confronti del gioco è l’aspetto rilevante per trattare anche ciò che troppo spesso viene considerato noioso, lo studio, per giocare imparando. In tal senso è necessario riconsiderare l’apprendimento un processo compatto in cui la parte affettiva, il piacere, è propedeutica alla parte cognitiva e razionale, così come qualsiasi altra forma di conoscenza acquisita dal nostro cervello.